La Riviera ligure a piedi

Proponiamo al lettore una camminata lungo la costa della Liguria, da Ventimiglia a Bocca di Magra, suddivisa in dodici tappe per una lunghezza complessiva di 330 chilometri. A differenza del Sentiero Liguria, che di chilometri ne assomma 675 snodandosi da Grimaldi a Luni privilegiando le vie collinari e quindi l’aspetto paesaggistico e naturalistico, il nostro tour intende valorizzare il lungomare, che soprattutto nella Riviera di Ponente propone in rapida successione una serie di località una più bella dell’altra, in una sequenza probabilmente unica al mondo. In tale tratto prevalgono nettamente passeggiate a mare e piste ciclopedonali, con saltuari ripiegamenti sull’Aurelia perlopiù in corrispondenza dei “capi”, i promontori non eccessivamente elevati della Riviera dei Fiori. Il discorso cambia radicalmente nella Riviera di Levante, ove scogliere e alture caratterizzano in maniera sempre più marcata la costa (tanto da obbligare l’Aurelia a ripiegare parecchio nell’interno), costringendoci ad allontanarci dalla riva per seguire in diverse occasioni il tracciato del Liguria. Precisiamo che la nostra tabella di marcia è rivolta a escursionisti ben allenati: tipo quelli – per intenderci – della Via Francigena, che a prescindere dall’altimetria del percorso affrontato trascorrono comunque gran parte della giornata in cammino. È perciò su tale classico modello che abbiamo articolato le nostre tappe, ponendo quale spartiacque del loro grado di difficoltà Camogli: le sei frazioni di Ponente hanno perciò una lunghezza media superiore ai 30 chilometri, che si riduce in quelle di Levante fino a scendere ai 13 della dura traversata delle Cinque Terre. Per quanto riguarda invece la loro durata, essa viene sempre contenuta entro le sette ore: un tempo peraltro funzionale alle ore di luce delle giornate invernali, dovendo aggiungervisi gli intervalli dovuti alle necessarie soste. Abbiamo infatti scelto di compiere questa esperienza in inverno, mantenendosi anche in tale stagione la temperatura in riviera piuttosto mite: tanto che nelle ore più calde ci è capitato di vedere persone in spiaggia in costume, se non a fare il bagno; o cicloturisti pedalare sull’Aurelia con indosso i soli pantaloncini (noi stessi siamo stati tentati più volte di metterci a torso nudo); abbiamo inoltre avuto la possibilità di camminare sui percorsi trekking della Riviera di Levante in solitudine, gustandoci al meglio panorami e silenzi interrotti soltanto dai rumori della natura. Inutile aggiungere che l’itinerario da noi proposto non è che una traccia, adattabile a gusti, preferenze e possibilità di ciascuno, scegliendo anzitutto se privilegiare l’aspetto turistico o quello sportivo: a tale scopo per le tappe più impegnative abbiamo suggerito le possibili varianti. Buona camminata!

I tappa: Ventimiglia – Arma di Taggia, 33 km, 7 h  La nostra maratona ha inizio a Ventimiglia e non al confine con la Francia per via della conformazione geografica del primo lembo d’Italia, caratterizzato da un promontorio che impedisce finanche la vista del mare tanto che la variante bassa dell’Aurelia può raggiungere la frontiera di Ponte San Ludovico soltanto al termine di una lunga galleria. Dai giardini pubblici di Ventimiglia si diparte la pista ciclabile lungo il mare che ci accompagnerà per tutta la tappa e oltre. Attraversato il torrente Nervia si perviene a Bordighera; superati Capo Sant’Ampelio e il porticciolo si percorre un breve tratto sulla battigia sino a raggiungere Ospedaletti, ove la ciclopedonale riprende il tracciato della vecchia ferrovia costiera a binario unico sfruttandone le numerose gallerie. Sboccando il lungo tunnel di Capo Nero a Sanremo, i due Comuni ne hanno fatto un omaggio alla storia della Milano-Sanremo, punteggiandolo di cartelloni didascalici (i quali a dire il vero non appaiono esenti da errori e approssimazioni) e fotografie dedicati alla Classicissima. Lo splendido capoluogo della Riviera dei Fiori merita ovviamente una visita, privilegiando i gusti personali: i più devoti saliranno al Santuario della Madonna della Costa, che domina la città dal punto più panoramico e centrale; i patiti del gioco d’azzardo non potranno mancare una capatina al casinò, per constatare però come tutto il suo fascino da Belle Époque sia svanito da quando nelle sale liberty le slot machine hanno soppiantato roulette e croupier; i più mondani privilegeranno corso Matteotti, rinomato salotto cittadino ove sorge il Teatro Ariston e il cui selciato celebra tutti i vincitori del Festival; mentre gli appassionati di ciclismo sottrarranno qualche energia al lungomare per percorrere con emozione le strade che al termine della discesa del Poggio conducono i corridori al mitico arrivo di via Roma. Esaurito il momento turistico si guadagna il Porto Vecchio con il Forte di S. Tecla, riprendendo la ciclabile che, superato Portosole, ci offre la visione della mirabile Villa Nobel, alla quale seguono la rinomata spiaggia Tre Ponti e, costeggiando l’Aurelia, la zona industriale di Valle Armea. Panorami mozzafiato ci compensano della fatica accumulata: la quale ha termine ad Arma di Taggia, ambita dai villeggianti per la lunga spiaggia di sabbia bianca e il mare cristallino.

II tappa: Arma di Taggia – Alassio, 34 km, 7 h  Superato il ponte sul torrente Argentina si raggiunge Riva Ligure e quindi Santo Stefano al Mare, antico borgo di pescatori sul quale svetta la caratteristica torre ennagonale cinquecentesca, oggi sede del municipio. La marcia a ridosso dell’Aurelia prosegue lungo il porto di Marina degli Aregai (ossia gli “annegati” che in questo tratto di costa erano un tempo evidentemente numerosi), donde superando gli Aregai di Cipressa e la galleria di Costarainera si perviene a San Lorenzo al Mare, tipico borgo ligure dalle case color pastello. Ne incontreremo tanti lungo il nostro cammino: giusto allora sapere che la tradizione fa risalire tale differenziazione cromatica alla necessità per i pescatori di riconoscere la propria abitazione dal mare. Terminata la ciclabile e sfruttato l’ultimo tratto di lungomare sino al porto di Marina non ci resta che immetterci sull’Aurelia, la cui elevazione ci consente di ammirare prima la Torre Prarola – piccolo monumento marino – e poi il promontorio del Parasio, ove sorge il caratteristico borgo arroccato di Porto Maurizio, antenato della città di Imperia. La chiesa Ave Maris Stella con la sua bella facciata rappresenta la perla di Borgo Marina, donde procediamo  sul lungomare attraversando il torrente Impero e costeggiando il porto di Oneglia, cui fa seguito una lunga passeggiata adornata da una fila di palme. Il tratto che conduce a Diano Marina è servito da una invitante strada pedonale che scorre ai piedi del Capo Berta alternandovi la costa la scogliera selvaggia a spiaggette ciottolose; essa risulta assai frequentata da podisti e ciclisti, oltre che dalla gente del luogo semplicemente intenzionata a farsi una bella passeggiata sul mare e lontano dai rumori. Ma il ciclofilo potrà essere tentato dal rendere omaggio al Berta, ultima e impegnativa asperità della Sanremo (ai cui leggendari vincitori è qui dedicato un monumento) prima dell’introduzione di Poggio e Cipressa a favorire finali più movimentati: su queste rampe infatti i grandi passisti-scalatori – a cominciare da Fausto Coppi – si spendevano nel tentativo di scrollarsi di grosso il gruppo, sapendosi battuti in volata; l’Aurelia andrà comunque percorsa con estrema prudenza, mancando in tale tratto di marciapiede. Da Diano si segue la lunghissima spiaggia dorata superando il borgo di San Bartolomeo e quello di Cervo, la cui chiesa barocca di S. Giovanni Battista dalla originale facciata arcuata rappresenta uno dei simboli della Liguria sia per la sua magnificenza che per la posizione dominante sul litorale. Il percorso continua lungo la Statale in leggera salita toccando i capi Cervo e Mimosa per poi scendere verso Marina di Andora, ove ha inizio la Riviera delle Palme che ci accompagnerà sino a Varazze. Percorriamo la bella passeggiata a mare per poi riportarci sull’Aurelia e salire al faro di Capo Mele, donde scendiamo verso Laigueglia – piccolo borgo ricco di scorci pittoreschi e caratterizzato anch’esso dalla varietà di colori – avvistando l’isola della Gallinara, la prima del nostro percorso. Ritroviamo il lungomare all’ingresso di Alassio, uno dei centri rivieraschi più eleganti e rinomati – come testimoniato dal suo celebre Muretto – grazie alla lunga spiaggia dalla finissima sabbia. Degno di nota il suo “caruggio” (il vicolo tipico dei borghi liguri, il principale dei quali scorre parallelamente al litorale), in cui i palazzi signorili si alternano armoniosamente alle case dei pescatori, con dei caratteristici tunnel che bucano gli edifici in modo da collegare direttamente la strada alla spiaggia.

III tappa: Alassio – Varigotti, 31 km, 7 h  L’Aurelia ci riserva diverse gallerie fino a portarci alla periferia di Albenga: entriamo nella cittadina passando davanti alla Caserma Piave, ora dismessa ma che nel secolo scorso funse da Centro addestramento reclute per tante generazioni di ragazzi chiamati al servizio di leva. Subito colpisce la natura del territorio circostante, che si apre in un’ampia pianura davvero insolita per la costa ligure, originata dall’azione incessante di antichi torrenti e che consente ad Albenga di ospitare, fra l’altro, distese di serre, l’aeroporto e perfino l’ippodromo: peraltro l’unico della regione, sorto su iniziativa privata sul finire del secolo scorso a completare l’offerta ludica della Riviera dei Fiori. Si attraversa lo stilizzato ponte sul fiume Centa per portarci sul lungomare al cui termine si imbocca un lungo e assai poco trafficato rettilineo che scorre parallelamente a spiaggia e ferrovia costeggiando la zona delle aziende agricole e regalando una bella vista sulle Alpi Liguri. A Ceriale la passeggiata litoranea ci porta alla scalinata che immette sulla passerella pedonale che conduce a Borghetto Santo Spirito; la camminata lungo la costa prosegue fino a Loano, ove si arricchisce delle facciate colorate dei palazzi prospicienti, avendo la Gallinara sullo sfondo. Il pregevole lungomare scandito da palmeti, giardini e artistiche fontane termina nei dintorni del porto turistico di Marina di Loano, donde procedendo per un buon tratto lungo la spiaggia si perviene a Pietra Ligure, caratterizzata dai caruggi. Attraverso l’isola pedonale del centro storico ritroviamo la passeggiata, che in breve ci conduce a Borgio Verezzi ove dobbiamo riprendere l’Aurelia fortunatamente munita di una corsia pedonale protetta e in vista del promontorio di Caprazoppa; superata una breve galleria ci si para dinanzi agli occhi il mare cristallino di Finale Ligure. Il lungomare è impreziosito da un pregevole monumento legato alla dominazione spagnola: il maestoso arco trionfale che celebra il soggiorno di Margherita di Spagna. Superato il porticciolo turistico si raggiunge Varigotti, dalle caratteristiche case colorate allineate lungo la spiaggia e il cui “borgo saraceno” è ingentilito dalla costante presenza di palme e fiori: questi ultimi coltivati con impegno anche dai privati, al punto che può capitare di leggere sulle case in cui il giardinaggio è momentaneamente sospeso un cartello di scuse con promessa che presto l’ornamento floreale tornerà più bello di quello precedente.

IV tappa: Varigotti – Celle Ligure, 29 km, 7 h  Per i cinefili questa è la tappa dedicata al film “La spiaggia”, uno dei capolavori di Alberto Lattuada girato tra Finale, Varigotti, Noli e Spotorno; per i geologi il tratto di costa attraversato rappresenta invece il capolavoro di Madre Natura, connubio perfetto tra mare e pietra realizzato mediante l’azione di acqua e vento protrattasi per miliardi di anni. Il promontorio di Punta Crena ospita i resti della torre innalzata dai Saraceni, che qui dominarono tanto che la baia adiacente è a loro titolata; superando la spiaggia del Malpasso e Capo Noli si perviene a Noli, gioiello di storia e architettura avendo costituito per lunghi secoli la nostra quinta repubblica marinara – alleata di Genova – della quale restano i gloriosi monumenti medievali. Sul lungomare raggiungiamo Spotorno, incastonato nella baia compresa tra Punta del Vescovado e Capo Maiolo, con sullo sfondo l’isolotto di Bergeggi, cono di roccia ricoperto dalla vegetazione che costituisce il cuore dell’Area marina protetta, istituita a tutela della ricchezza della flora dei fondali circostanti. Nel discendere da Punta delle Grotte si faccia attenzione a non perdere la stupefacente visione dell’ingresso della Grotta Marina di Bergeggi: l’arco naturale apertosi nella roccia costiera con una curvatura pressoché perfetta, paragonabile a quella dell’apuano Monte Forato. Giunti al faro di Vado Ligure si oltrepassa la zona portuale per imboccare una bella passeggiata a mare che superando due torrenti ci porta a Savona, forse la più graziosa delle città capoluogo liguri con l’imponente Fortezza del Priamar, la vecchia darsena che s’incunea fin nel cuore della città, i caratteristici terrazzi che collegano l’un l’altro i palazzi del centro storico. Ammirati il complesso monumentale del Brandale e la Torre Leon Pancaldo – simbolo della città – ci riportiamo lungo l’Aurelia all’altezza del porto, con le navi da crociera talmente vicine che ci pare quasi di toccarle. Ad Albissola Marina percorriamo il Lungomare degli Artisti: una successione di venticinque mosaici pavimentali realizzati in due diverse fasi da altrettanti artisti di tutto il mondo che intende rendere omaggio alla produzione ceramica albissolese, coprendo un chilometro di passeggiata. Il lungomare prosegue nella contigua Albisola Capo (pare che la perdita della doppia nel nome di Albisola Superiore – comune di cui Capo rappresenta la frazione marittima – sia dovuta a una svista della burocrazia postunitaria) sul tracciato della vecchia linea ferroviaria e conducendoci a Celle Ligure, altro gioiello della Riviera di Ponente con le facciate dei palazzi affacciati sul mare dai differenti colori e decorazioni ma tutte egualmente di signorile eleganza.

V tappa: Celle Ligure – Cornigliano, 32 km, 7 h  Da Celle raggiungiamo Varazze, ove attraversiamo il complesso del porto turistico con le sue lussuose imbarcazioni per immetterci nella spettacolare ciclopedonale costiera che anche qui ha rilevato la ferrovia e che transitando per i Piani d’Invrea e di San Giacomo porta a Cogoleto: borgo che un’accreditata tradizione locale vuole avere dato i natali a Cristoforo Colombo. La passeggiata intitolata a Fabrizio De André – decorata da graffiti e murales dedicati al cantautore genovese e alle sue celebri ballate – conduce ad Arenzano concludendo idealmente l’avventura lungo la parte poetica della Riviera, per lasciare il posto alla ben più prosaica traversata della “città metropolitana di Genova”. Procediamo lungo l’Aurelia toccando Punta Nave e raggiungendo Voltri, ove sfruttiamo un breve tratto di passeggiata per poi ritornare sulla Statale e giungere alla “Fascia di rispetto di Pra’”, sbocco pedonale nel verde e vicino al mare sorto nel tentativo di riqualificare l’ex zona industriale, fagocitata dal nuovo porto. Di qui possiamo vedere bene lo sviluppo caotico e mostruoso patito da Genova negli ultimi decenni, ben rappresentato dalle “lavatrici” che dominano la collina antistante: terrificante forma di edilizia pubblica che costituisce un’offesa tanto agli occhi di chi guarda quanto – e soprattutto – alla dignità di chi vi abita. La città nuova non ha risparmiato nulla: mare, terra e neppure il cielo, visto l’allucinante castello di sopraelevate e sopra-sopraelevate che in certi punti sfida le più elementari regole di urbanistica e buon senso. Della Genova poetica, di quella “Genova per noi” celebrata dai cantautori del secolo scorso resta ormai ben poco: giusto la “città vecchia” di De André. Accantoniamo la nostalgia per rituffarci nel marasma del traffico stradale e ammirare tanto il razionalismo della caserma dei Carabinieri di Pra’ quanto l’ardimento  della postazione difensiva del Castelluccio; inorridiamo però nel vedere certi squallidi edifici la cui facciata non viene evidentemente rinnovata da secoli. L’occhio si ricrea a Pegli, i cui trascorsi di rinomata località balneare sono testimoniati dagli splendidi palazzi sull’Aurelia, dai prestigiosi alberghi e dalla bella passeggiata a mare; un fascino tuttavia destinato a svanire presto, con l’inizio della zona industriale. Da Sestri Ponente a Cornigliano è consigliabile utilizzare il meno possibile l’Aurelia, data l’intensità del traffico e l’esiguità dei marciapiedi: occorre perciò ripiegare su via Sestri e proseguire lungo le strade interne.

VI tappa: Cornigliano – Camogli, 30 km, 6 h 30’  Superati l’aeroporto e le imponenti strutture delle acciaierie (che nel secolo scorso hanno dato lavoro a generazioni di operai inducendo molti figli di famiglie contadine a lasciare la propria terra per trasferirsi nella punta marittima del “triangolo industriale”) percorriamo via Cornigliano sino ad attraversare il torrente Polcevera che segna il confine con Sampierdarena: buttando l’occhio sulla sinistra scorgiamo in alto il viadotto S. Giorgio, costruito sulle ceneri del Ponte Morandi. Proseguiamo lungo via Cantore ritrovando il lungomare all’altezza del Porto antico, ove una passerella ci consente di tornare indietro sino alla Lanterna, maestoso simbolo della Superba del quale vale davvero la pena salire i 172 scalini per ammirare l’ampio panorama; ma anche il percorso lungo il perimetro portuale ci regala begli scorci della città, a cominciare dal cromatismo dei palazzi circostanti a comporre un arcobaleno tutto ligure. Il gusto edilizio prosegue sul lungomare accompagnandoci sino a Boccadasse, antico borgo marinaro nella colorazione delle cui case torna a prevalere il pastello. Poco più avanti un luogo che ha scritto la Storia d’Italia: lo Scoglio di Quarto, dal quale Garibaldi salpò alla conquista del Regno delle Due Sicilie, seguito da un piazzale con il monumento al Generale e, in basso sul mare, la lunga lastra che riporta i nomi dei Mille. Nervi fa da pendant orientale a Pegli, chiudendo la città con altrettanta grazia ed eleganza: si tratta infatti di un’altra gloriosa località di villeggiatura, sulla quale domina la mole di quello che fu l’Hotel Eden, frequentato durante la Belle Époque dall’alta società anche per la magnificenza dei suoi giardini, oggi inglobati nei parchi che fanno da cornice alla celebre Passeggiata, meta romantica genovese per eccellenza. I saliscendi dell’Aurelia ci accompagnano attraverso Bogliasco, Pieve Ligure, Sori e Recco, ove lasciamo la Statale per raggiungere Camogli, ennesima località cartolina della Riviera per il castello e gli altri monumenti medievali sorti sullo scoglio-isola che rappresenta il nucleo originario del borgo, il porticciolo, la tonnarella e la variopinta palazzata ottocentesca a fare da sfondo.

VII tappa: Camogli – Chiavari, 29 km, 6 h 30’  Tappa che segna l’inizio del cambiamento di registro: la vacanza è finita, alle scarpe da ginnastica subentrano quelle da trekking. La nostra fatica ha inizio dal parcheggio principale di Camogli, cominciando a salire in direzione di Portofino per una stradina che costeggia il Rio Gentile per poi snodarsi tra fasce di ulivi e case isolate; per giungere a S. Rocco occorre superare un migliaio di scalini, fortunatamente intervallati da tratti piani. Dal piazzale della chiesa si gode di un incomparabile panorama che nelle giornate più limpide giunge ad abbracciare l’intero arco della Riviera di Ponente, con sullo sfondo le cime alpine innevate. Superato il momento paesaggistico si impone la scelta sul modo in cui raggiungere Portofino: chi intende passare dalla monastica baia di San Fruttuoso potrà optare fra due sentieri – l’uno più panoramico ma esposto, l’altro più tranquillo – allungando il percorso e dovendo sorbirsi in entrambi i casi una non indifferente discesa e risalita. Noi invece abbiamo tirato diritto optando per il sentiero delle Pietre Strette (valico situato a 464 m), costituito da una bella carrareccia immersa tra i castagni che offre comunque dei pregevoli scorci sul Golfo del Tigullio. Tra gli olivi si snoda invece la scalinata finale, dalla quale il porticciolo ci appare come una grande piscina di acqua verde. Arriviamo a Portofino giusto all’ora di pranzo, per cui l’occhio ci casca sui menu dei vari ristoranti e focaccerie: siamo in febbraio ma i prezzi sono quelli pensati per i nababbi che vi sbarcano in agosto (e più in generale per chi è disposto a farsi spennare pur di mangiare nel porto dei vip), per cui lasciamo perdere. Proseguiamo la nostra marcia verso levante lungo la pedonale elevata, e scorgiamo su una punta il mitico Covo di Nord-Est, già tempio della moda discotecara. Le palme del lungomare ci danno il benvenuto a Santa Margherita Ligure, ove riprendiamo l’Aurelia seguendone le ondulazioni tra ville, parchi e alberghi favolosi; altrettanto suggestive la passeggiata di Rapallo, vero e proprio salotto impreziosito dal castello, e quella di Zoagli, più naturalistica sviluppandosi tra scogli e calette che cingono la spiaggia. Si tenga conto che per raggiungere sia Zoagli che Chiavari la Statale va parecchio alta (ci sono anche quattro gallerie), con un saliscendi che giungendo al termine della tappa riesce particolarmente faticoso, per cui occorre dosare bene le energie; in particolare la discesa su Chiavari pare non finire mai.

VIII tappa: Chiavari – Moneglia, 24 km, 6 h 30’  Altra tappa “mista” nella quale occorrerà gestirsi al meglio: si parte dalla pianura per poi affrontare due colli, il secondo dei quali più lungo e impegnativo. Chiavari e Lavagna costituiscono praticamente un’unica città, separati soltanto dal torrente Entella: ne percorriamo il lungomare che asseconda i rispettivi, notevoli porti turistici. Al termine ripieghiamo sulla ciclopedonale che fiancheggia l’Aurelia, ma che finisce anch’essa dopo Cavi lasciando posto al marciapiede. Una galleria parafrane introduce al bellissimo lungomare di Sestri Levante, caratterizzato da giardini che offrono un magnifico assortimento di piante tra cui spiccano i filari di palme e pini. Giunti alla chiesa vale la pena proseguire qualche decina di metri verso il molo per godere della splendida vista sul Golfo del Tigullio. Ritornati sui nostri passi dal caruggio si prende il vico del Bottone per affrontare la salita della Mandrella, alquanto ripida ma che poi ci regala una spettacolare veduta della Baia del Silenzio, divisa da quella delle Favole dall’istmo di sabbia del promontorio. In seguito la pendenza del sentiero si addolcisce sino a scollinare ai 266 m di Monte Castello, donde si scende a un’altra insenatura: quella di Riva Trigoso, che si attraversa seguendo i segnali del Cai. Costeggiando il muro del cantiere navale si ricomincia a salire sino a imboccare una carrareccia inizialmente morbida, ma che poi si trasforma in mulattiera scoscesa e pietrosa, sulla quale ci inerpichiamo fino a raggiungere i 521 m di Monte Moneglia: di qui la vista spazia a 360° su monti e baie circostanti. La discesa è altrettanto ripida e sconnessa, per quanto confortata dalla visione dell’ampia insenatura di Moneglia: quando si raggiunge la strada asfaltata è un sollievo.

IX tappa: Moneglia – Monterosso, 27 km, 7 h  Tappa parecchio impegnativa ma che ci regalerà delle belle emozioni, specie se avremo l’accortezza di far coincidere la discesa finale col crepuscolo. Si attraversa Moneglia sino a raggiungere il ponte sul Bisagno ove il sentiero inizia con una salita lungo una scalinata di cemento, per poi innestarsi sulla strada asfaltata che salendo ancora ci porta a Lemeglio. Bello il panorama su Moneglia e il promontorio che la separa da Riva, così come i colpi d’occhio offerti dal sentiero che ritroviamo una volta usciti dal borgo e che attraverso una lecceta ci conduce ai 325 m di S. Pantaleo; l’inizio della discesa è piuttosto ripido e reso infido dallo sgretolamento della roccia su cui si cammina. La situazione migliora allorché la mulattiera si trasforma prima in largo sterrato – regalandoci un bellissimo scorcio su Deiva Marina – quindi in carrozzabile, a tratti assai ripida; una scalinata ci conduce infine a Deiva, ove seguendo le indicazioni del Cai procediamo in direzione del ponte sul fiume che dà il nome al paese, oltrepassato il quale non tardiamo a raggiungere il sentiero che inizia subito a inerpicarsi attraverso un bosco sino a raggiungere i 421 m del Monte Serro. Al crocevia prendiamo a destra iniziando la discesa all’altezza di una palazzina gialla – la cui posizione quassù risulta alquanto curiosa – lungo una comoda e suggestiva carrareccia che ci regala grandiosi colpi d’occhio su Deiva e sui vari promontori attraversati, che ci appaiono allineati come bolidi alla partenza di una gara. Raggiunta la strada asfaltata ci si presentano due opzioni: a sinistra proseguiremmo lungo il Sentiero Liguria, percorrendo una lieve salita fino all’abitato di Costa e allungando il percorso di una mezz’ora; per cui anche in considerazione di quanto ci aspetta ripieghiamo dalla parte opposta. Un’altra mano ci danno le indicazioni, consentendoci di tagliare un tornante e di raggiungere in breve Setta (ove ha sede il municipio di Framura, comune composto da cinque borghi sparsi per la collina), caratterizzata dall’elegante Torre saracena che svetta in mezzo alle case, cui si contrappone la più antica Torre carolingia di Costa, da qui ben visibile. Nel deserto invernale di questi luoghi (in cui ogni attività commerciale rivolta a turisti ed escursionisti è ovviamente sospesa) superiamo Ravecca seguitando a scendere fino ad Anzo – ove spiccano la Torre genovese e una graziosa chiesetta neogotica – donde una panoramica gradonata ci cala al pittoresco porticciolo che sia per la posizione incastonata tra gli scogli che per il fatto di ospitare solo barche di piccole dimensioni – tanto da essere denominato “Porto Pidocchio” – ci regala un’ultima visione fuori dal tempo di Framura. Mediante una scala risaliamo al livello della stazione, non per prendere il treno ma per cercare un’altra linea ferroviaria: quella dismessa, che sul modello della Riviera dei Fiori – ma in uno scenario costiero ben più aspro e frastagliato – ha lasciato il posto alla pista ciclabile (la quale se l’Italia non avesse preso parte alla Seconda guerra mondiale inizierebbe probabilmente da Deiva, se non da Framura: questo perché il tratto compreso tra Deiva e Framura è stato bombardato durante il conflitto, e mai più ricostruito; mentre quello che collega Moneglia a Deiva dopo la costruzione della nuova ferrovia è stato destinato al traffico automobilistico: la “strada delle gallerie”). Esaurito l’interminabile tunnel giungiamo a Bonassola, ove assieme all’aria aperta ritroviamo anche un po’ di vita; altre gallerie intervallate da begli scorci sul mare ci conducono alla passeggiata di Levanto, in fondo alla quale abbiamo modo di ammirare prima l’architettura razionalista dell’ex casinò e poi la sobria eleganza di Villa Agnelli arroccata sul promontorio, con il suo giardino degno di Boboli: vestigia che testimoniano dei fasti vissuti dalla località nel secolo scorso. Incalzati dall’ora avanzata ci dirigiamo verso il castello, dal cui retro si diparte il percorso per Monterosso salendo per una gradinata lungo le mura e regalandoci presto una sorpresa: la riproduzione di una statua stele, a segnalare al percorritore del Sentiero Liguria che la meta di Luni è ormai vicina (in realtà la scultura è stata collocata nel punto in cui, reimpiegata in uno degli scalini, è stata recentemente individuata – proprio da un escursionista esperto della materia e dall’occhio particolarmente attento – una pietra di arenaria scolpita che evidenziava inequivocabilmente la tipica fisionomia delle preistoriche statue lunensi, di una delle quali costituiva un pezzo di testa). Continuando a salire nella macchia dominata dai pini cogliamo belle vedute del golfo appena percorso sino a sboccare sulla strada asfaltata, che percorriamo per un breve tratto per poi imboccare sulla destra un sentiero a gradoni che scende verso il mare inoltrandosi nella vegetazione, uscendo dalla quale diviene pianeggiante: camminiamo a picco sul mare e nella luce del tramonto il colpo d’occhio è davvero notevole. Cerchiamo di tenere il passo nonostante i continui saliscendi che caratterizzano la parte alta del tracciato, i quali ci danno più e più volte l’illusione di essere arrivati in cima, tra parti scoperte e altre immerse nella foresta; si determina inoltre uno stridente contrasto tra la bellezza del panorama e la durezza del percorso, il cui fondo sconnesso è rimasto quello dell’antica mulattiera costringendoci a saltellare tra le pietre, esercizio particolarmente faticoso in discesa. Ma ancora una volta il nostro sforzo viene ampiamente ripagato: restiamo a bocca aperta nell’avvistare il Podere Case Lovara, antico casale rurale dalla posizione unica al mondo. Le delizie panoramiche proseguono sino al valico, situato ai 325 m della Cresta di S. Antonio – il cui nome deriva dal vicino eremo medievale – raggiungendo l’apice nel transitare dalla sottostante Punta Mesco, ove sorge il vecchio faro segnaletico del promontorio (il “semaforo”) e la vista spazia sino all’isola del Tino regalandoci una visione incantata delle Cinque Terre, che al calar della sera ci appaiono come altrettante gemme di un fantastico diadema. La discesa presenta una notevole pendenza (ci è andata bene a non averla fatta in senso opposto), con il sentiero che lascia il campo a un’ampia scalinata in mezzo agli ulivi e quindi alla carrozzabile – anch’essa alquanto ripida – che serve la zona residenziale di Fegina, punta occidentale del golfo di Monterosso.

X tappa: Monterosso – Riomaggiore, 13 km, 5 h  La tappa decisamente più internazionale: le Cinque Terre sono assai frequentate dai turisti stranieri anche in inverno, per cui potrà capitarci di udire diverse lingue lungo il percorso. All’inizio del lungomare di Monterosso troviamo il “Gigante”, assurto a simbolo della località: si tratta di un’imponente statua raffigurante Nettuno concepita come telamone a sostegno della grande conchiglia che decorava la punta affacciata sul mare della terrazza di una villa e che è stata distrutta dai bombardamenti della Seconda guerra mondiale (villa e statua sono state invece recuperate). Percorriamo l’intero arco del golfo prima di ritrovare il sentiero, che senza preamboli ci introduce a quello che sarà il tema dominante della frazione odierna: una lunga scalinata di pietre ci proietta in alto tra vigneti e oliveti, seguita da un tratto pianeggiante che attraversa la macchia regalandoci suggestivi panorami a picco sul mare. Nell’avvistare Vernazza affacciata sul bel porticciolo ritroviamo i colori tipici della tavolozza ligure; vi scendiamo per poi affrontare un’altra scalinata poi rilevata da un sentiero altrettanto ripido che ci conduce ai 208 m di Punta Palma, e che prosegue con impegnativi dislivelli offrendoci anche la visione di un ruscello che, ingrossato dalle recenti piogge, casca sul selciato con effetto scenografico alpestre. Raggiunta Corniglia si riparte per il tratto più lungo del percorso odierno, il cui inizio mette a dura prova la nostra resistenza con una interminabile scalinata che schianterebbe un toro. La destinazione sono i 340 m di Case Pianca, ove la durezza del percorso nuovamente si placa per lasciare il campo a un lungo tratto pianeggiante che ci offre notevoli colpi d’occhio su Corniglia (dal caratteristico pino arroccato di fianco alla torre), Manarola e un vasto raggio di Mar Ligure. Dopodiché la nostra attenzione si sposta dalla costa al “paesaggio del vino”, per ammirare l’immane lavoro svolto da generazioni di contadini-operai (nonché architetti) per modellare una terra che evidentemente Madre Natura non aveva inteso destinare a uno sfruttamento agricolo. Ma l’abnegazione di questa gente ha fatto sì che colline caratterizzate da balze e dirupi degni degli scogli sottostanti si addolcissero mediante la creazione di terrazzamenti finalizzati alla produzione dei vini delle Cinque Terre, bianco secco e passito sciacchetrà. Nella zona di Volastra incrociamo più volte le monorotaie a cremagliera che servono i vigneti, versione moderna delle rudimentali teleferiche che scorrendo sulla corda di ferro portavano ai lavoratori viveri e materiali; ma incrociamo anche il Sentiero Liguria che in tre ore ci proietterebbe al Santuario di Montenero, in direzione di Portovenere, risparmiandoci le micidiali scalinate di Manarola e Riomaggiore: chi volesse evitare tali tirate di collo ne tenga conto. Si scende su Manarola mediante la gradonata esteticamente più gradevole di quelle fatte sinora, altrettanto lunga di quella percorsa in salita ma dagli scalini più agevoli e senza soluzione di continuità. Di nuovo il sentiero con due opzioni: quella panoramica raggiunge il borgo più alla larga mostrandoci bene la collinetta che lo fronteggia magistralmente terrazzata. Ci resta la Via dell’Amore: breve passerella finale che davvero non potrebbe riuscirci più “amorevole”, dopo tutti gli scalini calpestati. L’origine di tale passeggiata sospesa sulla scogliera – atipica per queste terre così impervie e che per lunghi secoli sono state raggiungibili soltanto via mare o attraverso malagevoli mulattiere – è piuttosto curiosa: nel 1920, allorché le Ferrovie decisero di raddoppiare la galleria che congiunge Manarola a Riomaggiore, fu necessario scavare nella roccia a picco sul mare due sentieri che consentissero agli operai dei due opposti cantieri di raggiungere il punto della costa a metà strada tra le due stazioni scelto quale deposito del materiale esplosivo (tale precauzione nei riguardi della popolazione era dovuta anche al fatto che nel 1916, nella febbrile mobilitazione dovuta alla Prima guerra mondiale, al porto di La Spezia si era verificata una tragedia immane: l’esplosione di un vagone carico di esplosivo aveva causato la morte di quasi trecento persone). Una volta conclusi i lavori gli abitanti dei due borghi pensarono di utilizzare quel passaggio in alternativa all’ostico percorso collinare; l’amministrazione comunale sposò l’iniziativa e così, con il contributo di tutti, nacque il romantico sentiero prediletto dagli innamorati e perciò consacrato con il nome che lo ha reso celebre. Ma come prima abbiamo dato una dritta a chi non ne potesse più di fare le scale, adesso ci rivolgiamo a chi al contrario ci avesse preso gusto: ignorare la Via dell’Amore facendo anche l’ultimo tratto alla vecchia maniera. Si tratta del “sentiero” della Beccara, per imboccare il quale occorre salire fino alla chiesa di S. Lorenzo: in realtà una spaventosa, pazzesca, inaudita scalinata perpetua interrotta soltanto dal punto panoramico apicale (dal quale nel periodo natalizio si può ammirare il presepe luminoso di Manarola). L’impavido dovrà allora mettere in conto almeno un’ora in più di cammino (e forse qualche imprecazione).

XI tappa: Riomaggiore – Fezzano, 20 km, 7 h  Ripartiamo alla volta di Portovenere lungo il Sentiero dell’Infinito, così detto perché in condizioni di visibilità ideali ci consente di avvistare isole lontane quali Corsica, Elba e Capraia, oltre alle più prossime Palmaria, Tino e Tinetto. Dal borgo di Riomaggiore si diparte l’ennesima, tremenda scalinata che in un sol colpo ci eleva dal livello del mare ai 323 m del Santuario della Madonna di Montenero: l’effetto visivo nel mentre la si sale è allucinante, dando l’impressione di non finire mai. Essa testimonia altresì della devozione dei pellegrini medievali, disposti a fare un simile sacrificio pur di rendere omaggio alla Protettrice di queste terre: e chissà quanti – deboli di cuore e privi dei ritrovati medici odierni – ci avranno lasciato le penne. La vista comunque ripaga dell’immane sforzo, abbracciando nelle giornate più limpide tutta la Riviera di Levante con sullo sfondo le vette alpine imbiancate. Si procede lungo i pini che fiancheggiano la chiesa sino a imboccare il sentiero per Telegrafo, incrociando poco dopo quello proveniente da Volastra; nella zona di Tramonti il panoramico percorso si fa pianeggiante attraversando i terrazzamenti che caratterizzano anche questa collina. Giungiamo ai 405 m di Lemmen, caratterizzato dalla chiesetta di S. Bernardo di Chiaravalle; nel borgo è inoltre presente un’azienda agricola l’irresponsabilità dei cui titolari ci ha causato una disavventura fortunatamente risoltasi solo con un grosso spavento. Nella proprietà scorrazzano privi di museruola tre grossi cani da guardia che, dopo averci avvistati dall’alto in un punto in cui la recinzione è costituita da una labile staccionata di legno, sono scesi inferociti al livello del sentiero, da questo separati soltanto da una rete talmente bassa da potervi salire sino a sporgere le zampe anteriori all’esterno di essa. A peggiorare le cose sta il fatto che proprio in quel tratto il percorso diviene praticamente una gabbia, riducendosi a uno stretto corridoio delimitato dalla parte opposta da un’altra recinzione (beffardamente assai più alta di quella presidiata dai molossi): per cui consigliamo al lettore di affrontare quel passaggio munito di un bel bastone o di pietre, come abbiamo fatto noi allorché le belve sono montate sulla rete dando l’impressione di voler muovere all’attacco, dal quale hanno tuttavia desistito forse proprio per la visione delle nostre “armi”. La cosa più grave è che le autorità – come ci hanno poi detto persone del luogo – pur essendo state informate più volte della pericolosità della situazione non sono intervenute. Cercando di metterci alle spalle l’increscioso episodio riprendiamo a salire fino a raggiungere i 516 m del Colle del Telegrafo, luogo che ha tutta l’apparenza di un valico: lo è per la strada asfaltata, ma non per il nostro sentiero; del resto stiamo affrontando Monte Parodi, l’altura più elevata tra quelle che si affacciano sul Golfo dei Poeti. Il tracciato continua a salire facendosi ampio e poi pavimentato in località S. Antonio: meta estiva preferita dagli spezzini, ospitando area picnic e percorso ginnico, oltre alla cappella di S. Antonio Abate. Il percorso conosce un tratto di discesa nel bosco, ma che si rivela illusorio riprendendo l’ascesa ben presto: al punto che cominciamo a chiederci se la sua denominazione “dell’infinito” non si riferisca piuttosto al salire. Un cartello ci annuncia che siamo giunti ai 558 m di Rocca Storti: ancora qualche rampa, e poi finalmente si scollina. La mulattiera scende nella foresta finché questa non si apre regalandoci lo spettacolare panorama che rende unico il crinale di Campiglia: da una parte La Spezia e il suo golfo, dall’altra il mare aperto il cui orizzonte sembra da qui veramente infinito; approfittiamo della terrazza del punto ristoro per prolungare l’emozionante momento. Appena fuori dal paese la nostra attenzione è richiamata da una possente costruzione circolare in pietra, che ci ricorda le torri della Lunigiana: dall’iscrizione apposta sull’architrave dell’ingresso apprendiamo invece trattarsi di un antico mulino a vento. Superata Bocca dei Cavalin il sentiero che attraversa Monte Castellana scende tra la fitta boscaglia con tratti su roccia assai scoscesi mentre si ricomincia a sentire il rumore del mare; giunti allo sperone del Pitone (che in ligure significa “belvedere”) abbiamo una bella veduta su Monte Muzzerone, Bocche di Portovenere, Palmaria, Tino e Tinetto. Oltre che alle insidie del fondo occorre fare attenzione alla segnaletica: perché poco dopo contrariamente alle aspettative si abbandona la discesa prendendo a sinistra per arrampicarsi – letteralmente – su altre pietre che sboccano su una strada sterrata, anch’essa altamente panoramica e con in particolare un bel colpo d’occhio sul delizioso porticciolo di Le Grazie. A una curva un breve tratto di sentiero ci porta a una strada asfaltata; superata una cava di marmo si riprende a salire, avvistando le Apuane Settentrionali. Ricompare il sentiero e con esso la discesa; giunti a un bivio ignoriamo il cartello che vorrebbe farci raggiungere Portovenere passando dal rifugio (e dalla successiva mulattiera quantomai ripida e sconnessa) e proseguiamo a diritto nella foresta, lungo i pini che segnano il percorso: finché la macchia non si apre regalandoci una prima veduta su Castello Doria, imboccatura del golfo e Grotta Byron. Rientriamo nella vegetazione, il fondo ritorna scosceso ma subito dopo ci appare il panorama più bello: dominiamo il Golfo dei Poeti con le cime appenniniche sullo sfondo e la costiera apuana al cui centro troneggia la Torre Balilla. Giunti a ridosso del castello camminiamo lungo una suggestiva, enorme roccia levigata bluastra e poi giriamo a destra, in modo da raggiungere il punto panoramico più avanzato su Grotta e mare aperto; torniamo indietro e prendiamo la scalinata che costeggiando le mura sbocca sulla piazza principale, nei pressi della porta medievale dalla quale si diparte il caruggio dalle caratteristiche scale-tunnel che scendono al mare bucando i palazzi. Rendiamo omaggio a Lord Byron – che secondo la tradizione da questi scogli compì una delle sue celebri nuotate raggiungendo Lerici, ove risiedeva l’amico Shelley – e saliamo sulla terrazza della chiesa di S. Pietro, dalla quale possiamo ammirare il capolavoro fatto da Madre Natura nell’allineare perfettamente le punte dei promontori delle Cinque Terre. Percorriamo Calata Doria gustandoci ancora una volta il cromatismo ligure degli edifici, che qui fa un effetto maggiore che altrove data l’altezza della palazzata; dopodiché ci avviamo lungo la passeggiata che fiancheggia la strada riservata ai veicoli in uscita dal borgo. Intendiamo approfittare dell’occasione per visitare quelle località situate nelle varie insenature che caratterizzano il promontorio generalmente ignorate dal turismo di massa, tutto concentrato su Portovenere e Cinque Terre: non ne resteremo delusi. Subito però un lungo e severo strappo ci presenta la natura del territorio: la litoranea che conduce a La Spezia è infatti tutt’altro che pianeggiante, e perdipiù quasi interamente priva di marciapiede. La percorriamo fino a imboccare una gradinata (finalmente di cemento) che scende al porticciolo di Le Grazie, che costeggiamo partendo dal Santuario della Madonna delle Grazie che dà il nome alla località, caratterizzata inoltre dai resti di una fattoria di età romana. Tramite un’altra scala risaliamo sulla strada, che ondulando ci porta alla baia successiva: quella di Fezzano, caratterizzato da una bella piazza sul porticciolo decorata dai pini e da pittoreschi caruggi a scale, che incrociano la litoranea sviluppandosi il borgo tra mare e collina.

XII tappa Fezzano – Bocca di Magra, 28 km, 7 h  Ancora saliscendi e giungiamo a Cadimare, dalle varie scalinate che collegano la strada al porticciolo: ci incuriosisce quella “dell’Aeroporto”, la scendiamo e scopriamo che qui ha sede un importante centro logistico dell’Aeronautica militare; anche in tale località i pini punteggiano la zona della marina. Solo al termine della discesa che attraversa Marola il percorso si fa pianeggiante; l’ingresso della Base navale segna l’inizio del grande porto militare spezzino, voluto da Cavour. Il vialetto pedonale che costeggia il muraglione ci consente finalmente di lasciare la strada; ma solo per un breve tratto, dopodiché siamo di nuovo sull’asfalto, ritrovando il marciapiede soltanto a ridosso della zona sportiva che segna l’ingresso nella città. Il viale che fiancheggia l’Arsenale ci porta a imboccare il lungomare, il cui primo tratto è caratterizzato da una bellissima passeggiata che scorre in mezzo a due maestosi filari di palme, rilevate all’altezza del molo dai pini che fronteggiano la Capitaneria di porto; oltre la strada possiamo ammirare la lussureggiante vegetazione che caratterizza i giardini pubblici. L’architettura dei palazzi affacciati sul lungomare evidenzia le ferite subite da La Spezia durante la guerra: ai sontuosi edifici liberty scampati alle bombe si alternano infatti meno ambiziosi caseggiati, ricostruiti in luogo di quelli andati perduti assecondando la regola urbanistica cittadina dei portici. Imboccando viale S. Bartolomeo lo scenario cambia radicalmente: qui i cantieri navali si susseguono senza soluzione di continuità impedendoci la vista del mare, ma è l’unico modo per arrivare a Lerici. Procediamo lungo un bel vialetto pedonale al quale segue uno stilizzato cavalcavia; poco dopo la dismissione del ponte sul canale della darsena ci costringe a circuirla. Riprendiamo il viale avendo da una parte le moderne strutture dei moli cantieristici, dall’altra edifici più antichi e talvolta fatiscenti; il cantiere del Muggiano segna la fine del porto spezzino. La strada sale sino alla galleria che ai pedoni riserva un assai scomodo cordolo; subito dopo scendiamo a San Terenzo. Lo spettacolare lungomare di Lerici ha il suo primo pezzo forte in Villa Magni, ove per un breve periodo soggiornò Shelley prima del suo tragico naufragio versiliese: da questa sua permanenza unita alle scorribande di Byron si originò il mito del Golfo dei Poeti. Nell’ultimo tratto la passeggiata si trasforma in un magnifico corridoio arboreo che scorre tra un filare di pini e un rigoglio di altre piante tra cui palme e magnolie: col lungomare di Sestri Levante è una bella sfida. Costeggiamo il porto sino alla galleria pedonale ove prendiamo l’ascensore che sale al castello, la cui architettura fonde elementi pisani con altri genovesi: a costruirne il primo nucleo era stata infatti Pisa, dopo l’iniziale vittoria del Giglio seguita dalla disfatta della Meloria; da qui si gode un panorama incomparabile sull’intero golfo. Dalla comoda gradinata che attraversa il “borgo pisano” scendiamo alla piazza, ove un tunnel precede la scalinata che ci porta alla strada asfaltata. Per attraversare il promontorio del Caprione che ci separa da Bocca di Magra abbiamo tre opzioni: la più agevole è rappresentata dalla carrozzabile per Montemarcello; la seconda comporta un primo tratto lungo la litoranea che dà modo di osservare le belle calette e scogliere che caratterizzano la costa fino a Tellaro, donde ci si ricongiunge al Sentiero Liguria; la terza – da noi adottata – consiste nel prendere immediatamente il sentiero. Nonostante la massima altitudine raggiunta sia solo di 270 m, il percorso è caratterizzato da tanti saliscendi e falsopiani che alla fine avremo faticato quanto a scalare una montagna. Una volta sulla strada si gira a destra e poi, seguendo le indicazioni del Cai, a sinistra imboccando il sentiero ben pavimentato in pietra che si snoda tra gli olivi e il muro delle proprietà private. Dopo un tratto iniziale in falsopiano si sale decisamente fino a raggiungere Ca’ de la Lama, donde si prosegue ancora pianamente, a mezza costa, immersi negli ulivi e con begli scorci su Palmaria, Portovenere e le altre baie di quel promontorio. Avvistiamo sotto di noi Tellaro, passiamo in mezzo a vecchie case diroccate con il panorama che si apre sul mare aperto; con un’impennata il sentiero ci porta a Le Figarole ove incrociamo per la prima di una serie di volte la strada asfaltata, scolliniamo alla quota predetta ma una volta ritrovata la carrozzabile si risale sino ai 266 m di Montemarcello, che si attraversa seguendo la segnaletica fino a imboccare la mulattiera che scende nella boscaglia. Una prima veduta della Valle del Magra ci mostra la verde piana di Luni con alle spalle Sarzana; procedendo la visuale si allarga a Riviera apuana e Versilia evidenziando la curvatura che segna l’inizio dello Stivale: merita una sosta il piazzale del Monastero S. Croce, spettacolare balcone sulla scenografica foce del fiume della Lunigiana. A Bocca di Magra passiamo davanti alla Villa romana affacciata sull’antico Portus Lunae e raggiungiamo gli scogli, ove si conclude la nostra esaltante avventura.

La Riviera ligure a piediultima modifica: 2024-04-10T21:07:18+02:00da tradersimo
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